Cercare tra dipinti e sculture, siano esse statue o rilievi scolpiti o modellati, la raffigurazione del limone, nelle varietà che nel tempo ne hanno caratterizzato la specie ovvero tra gli agrumi della stessa famiglia compresi nel generico lemma latino di citrus, sembra quasi raccogliere i pezzi di un rompicapo. Infatti, se ne scovano moltissime; tuttavia, appunto come nei puzzle, riesce alquanto difficile trovare subito la giusta combinazione degli incastri utile alla definizione della composizione totale, la quale riuscirà finalmente non solo a manifestare l’immagine intera, rilevata e celata nello stesso tempo dai frammenti, fatti di linee spezzate e colori cangianti, ma finanche a rilevare il significato di ognuno degli intarsi.

In essi, sin dal principio, si intravede la contiguità delle linee e delle sfumature e quindi, seguendo tali intuìti accostamenti, si creeranno piccoli mucchi di riserva pronti a spandersi nel totale quando i tasselli riescono a incunearsi in modo giusto uno all’altro. Oppure ad ammassarsi di nuovo, se nel corso del gioco un ulteriore pezzo sopraggiunge a completare il disegno con più attinenza di linee e colori e dunque appare più consono a chiudere le lacune, restituendo l’intero e il particolare con più efficacia di immagine e contenuti.

La storia del limone è antica, come lo sono le sue prime immagini: sporadiche e non sempre ben riconoscibili perché confondibili con altri simili frutti, per colore e forma. L’agrume, come oramai assodato, arriva in Europa dall’Estremo Oriente, dove cresce spontaneamente.

I greci certamente lo conoscevano, essendo il limone probabilmente celato nel mito dei pomi d’oro delle Esperidi, e così anche i romani, nel cui ambito le raffigurazioni del limone più sicure dovrebbero comparire nel primo secolo a.C.: nella Città eterna, precisamente negli affreschi della Villa di Livia a Primaporta, e a Pompei, in alcuni pressoché coevi mosaici e nelle pitture della Casa del frutteto.